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Dylan Dog: l’idea di Pulcinella

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Per chi di voi, come me, segue assiduamente Dylan Dog, avrà sicuramente letto l’episodio 413, recentemente uscito. Carlo Ambrosini, storico sceneggiatore del nostro indagatore, ci narra una storia meravigliosamente opaca, torbida, ma allo stesso tempo capace di intrigare il lettore.

La storia molto sospesa fa riflettere. Figure simboliche e azioni creano un connubio che dà diversi spunti per pensare e rimuginare sul nostro strano universo.

Carlo Ambrosini crea un matrimonio fra una sorta di inconscio onirico proprio dell’essere umano, ed un mistero cosmico ancora non svelato. Un mistero che accompagna il lettore per tutte le 98 tavole; miscelandosi ad un stile grafico suggestivo, impressionistico e crudo.

Pulcinella: simbologia

Nato da un uovo, Pulcinella è la maschera e simbolo della città di Napoli. Le sue origini risalgono fino al IV sec. a.C. al personaggio di Maccus nelle Atellane romane. Tuttavia il simbolismo intorno a questa particolare maschera l’ha resa la più intrigante poiché coinvolge la dualità dello spirito.

Pulcinella è, al tempo stesso, imbroglione e altruista, pigro e pronto a tutto pur di soddisfare la sua perenne fame, povero servitore e combattente in lotta per una vita migliore. È sia sacro che profano. Alcuni studiosi fanno risalire la tipica voce nasale ad una connessione con il mondo spirituale, d’altronde parliamo di un personaggio nato da un uovo: l’uovo cosmico.

Sebbene a molti potrebbe sembrare un personaggio banale, Pulcinella, così vitale è giocoso, è anche emblema della morte. La maschera nera, simboleggia l’oblio, con forme che troviamo in altri culti antichi: si abbina alla veste bianca, anticamente usata a lutto. E se Pulcinella è quasi un’esorcizzazione del trapasso, così lo è anche il luogo dove il concetto di Pulcinella si immagina: lontano dallo “scurnacchiato” e da dio.

Intorno alla sessualità di genere di Pulcinella c’è molto da dire poiché non è univoca. È, generalmente, inteso come maschio, avendo numerosi riferimenti fallici e virili (bastone, cappello, naso della maschera…) ma ha, altresì, forme femminili: come la voce molto acuta, la veste che copre il seno femmineo e la pancia che si gonfia a dismisura come fosse incinta. Abbiamo detto che Pulcinella è entrambi gli opposti così lo è anche con il proprio genere: Pulcinella è sia maschio che femmina, sia forte che debole, sia riso che dolore, sia vita che morte.

I padroni del nulla

Traslandoci, quindi, in questo piano onirico in cui Pulcinella è sia il passaggio che la conclusione. Dylan trova il pensiero inconscio. La visione reale di un mondo sul baratro. Tuttavia, ci viene ribadito che non a tutti è concesso vedere il mondo di Pulcinella, ma solo a coloro che “cercano di sopravvivere, combattendo contro una vita di miseria e fame […], noi pure siamo un po’ diavoli, ma diavoli alla buona, mica ce l’abbiamo un inferno […]”.

La storia avvolta in un mistero rivela tramite Pulcinella la consequenzialità degli avvenimenti e la protezione nei confronti dei più deboli. Come un’entità divina che tuttavia non può interferire, non è padrone di qualcosa, ma è al costante servizio del tempo.

Focus: Carlo Ambrosini

Carlo Ambrosini, come riporta anche la breve descrizione nell’albo, è il fumettista più autoriale di Dylan, escluso Tiziano Sclavi, suo creatore. Carlo Ambrosini nasce nel 1954 in provincia di Brescia. Dopo aver frequentato l’accademia delle belle arti inizia a lavorare come disegnatore per la Editoriale Dardo e successivamente per la Editoriale Corno.

Nel 1980 disegna per la Sergio Bonelli Editore alcuni episodi di Ken Parker e, sempre in casa Bonelli, Dylan Dog. Scriverà però la sua prima sceneggiatura per l’indagatore londinese solo sette anni dopo il primo fumetto disegnato. Inoltre nel 1997 crea la testata Napoleone, prodotta da casa Bonelli fino al 2006.

Così remoto, così vicino

In questo capitolo di Dylan Dog l’autore ci porta a vagare in un mondo ignoto, un mondo al confine fra il proprio inconscio e una coscenza ancestrale collettiva. Un luogo che tutti sappiamo dove trovare ma, allo stesso tempo, pochi riescono a vedere – una specie di Isola che non c’è.

Le domande che muovono la mente fanno riflettere: chissà se noi abbiamo una conoscenza antica di qualcosa che c’era prima, qualcosa di arcaico, di atavico.

Dylan ci ricorda, mettendosi dalla parte dell’ignaro, che quello che possiamo percepire è soltanto una parte del mondo e che, forse, dovremmo tutti allenare il nostro quinto senso e mezzo così da percepire la saggezza di Pulcinella.

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