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La saga di The Legend of Zelda compie 35 anni e continua a stupire

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The Legend of Zelda compie 35 anni! Un traguardo importante che diventa l’occasione per cercare di raccontare come è nata la leggenda di uno dei giochi più apprezzati di sempre.

Il gioco è uscito per Famicom Disc System il 21 febbraio 1986 e da lì, tra alti e bassi, Zelda e Link hanno percorso questi tre decenni e mezzo continuando ad evolversi, restando però fedeli allo spirito del gioco fatto di incredibili enigmi ambientali, una sana dose di azione, l’amore per l’esplorazione e una maniacale cura dei dettagli.

The Legend of Zelda, le origini

The Legend of Zelda è nato dalla fantasia di Miyamoto e si rifà (in modo più interattivo e avventuroso) alle sue scampagnate infantili per i boschi di Sonobe. Eplorazione, coraggio e scoperta sono infatti al centro di tutto quello che è Zelda.

Nel gioco queste “prove” si sono tradotte in una serie di dungeon pieni di pericoli, che per essere affrontati necessitano di oggetti speciali. Hyrule non ha fatto da subito parte dell’avventura, ma ne è diventata il tratto distintivo con il tempo. È questo aspetto del gioco a tracciare una netta linea di demarcazione tra Zelda e la sua inquadratura dall’alto e il mondo da esplorare con il coetaneo Super Mario e lo scorrimento laterale.

Attenzione: gli action-rpg, a differenza di quello che a volte si crede, esistevano già, soprattutto su PC. Ma ecco perché la pubblicazione di The Legend of Zelda fu un evento incredibile per l’industria videoludica e per il mondo delle console. All’epoca la libreria NES era ricca di giochi lineari e arcade. The Legend of Zelda era gigantesco, coinvolgente, più difficile, ricco di oggetti e molto altro.

A questo si aggiungeva una fluidità di gioco inattesa per i tempi e una qualità grafica notevole. A questo si accompagnava la cartuccia dorata, quasi a volerne celebrare l’unicità. Miyamoto decise il nome della principessa prendendo in prestito quello della moglie di Francis Scott Fitzgerald (autore de “Il Grande Gatsby” e de “Il curioso caso di Benjamin Button”), Zelda Sayre. Una donna geniale che avrebbe dato il tocco perfetto al suo personaggio.

E per la musica, dopo un po’ di confusione per i diritti, si decise di mettere al lavoro Koji Kondo, che nel giro di una sola notte, compose la melodia che tutti conosciamo.

Da A Link to the Past ad Ocarina of Time – 1991/1998

Nel 1991 esce, per Super Nintendo, A Link to the Past: diretto da Tezuka e prodotto da Miyamoto. È un gioco più facile, meno dispersiovo e, grazie ai miglioramenti tecnologici, acquisisce un aspetto più cartoonesco, con dungeon a piani e strumenti nascosti.

Questi sono i punti di forza che avrebbero dato vita al grande successo pubblicato nel 1998, dodici anni dopo l’originale: Ocarina of Time. All’opera c’è la miglior squadra mai esistita nell’intera storia dell’azienda, Miyamoto dirige il progetto e con lui ci sono Tezuka, Koizumi e Aonuma.

Assieme danno vita al primo The Legend of Zelda tridimensionale, che proietta la saga nel mito. La struttura, pur costruita su tre dimensioni, deve molto a A Link to the Past. Con una grande mappa al centro della quale trova posto una grande prateria. Accedendo all’Hyrule Field dopo il primo dungeon, l’Albero Deku, si spalanca di fronte a Link un universo di possibilità, immerso in un ciclo giorno/notte davvero ben fatto.

Da Majora’s Mask a Skyward Sword – 2000/2011

Majora’s Mask è un gioco per intenditori (pazienti) della serie, ed è forse uno dei più complessi e cervellotici, ma riesce lo stesso a regalare delle grandi emozioni. The Wind Waker (2002) non è un titolo fondamentale della saga, ma ha avuto il merito di portare a buoni livelli la gestione dei controlli e di allargare ulteriormente i confini del mondo da esplorare. Un mare aperto, in questo caso, fatto di isole e avventure.

The Legend of Zelda: The Wind Waker

Twilight Princess vede protagonista un Link adolescente e il gioco diventa più maturo, forse il più “adulto” della serie, con tematiche mai scontate. Anche qui il mondo è ampio, ma si perde un po’ di vista l’esplorazione per concentrarsi piuttosto sul rapporto tra Midna e Link. Anche Skyward Sword, perfetto tecnicamente come il precedente, si scosta dall’idea dell’avventura (anche se si vola nel cielo) per catapultare il nostro protagonista di volta in volta in “mondi” diversi.

Breath of the Wild

Superare Ocarina of Time era diventata un’ossessione e nell’intento di migliorare i dungeon e gli enigmi ci si era dimenticati di ciò che aveva reso Zelda quello che è oggi. E così Aonuma ha tracciato la strada da seguire: riabbracciare l’open world. E la tecnologia per farlo c’è.

The Legend of Zelda: Breath of the Wild

L’open world diventa non il contesto, ma la storia di Zelda: un mondo in cui si possono tagliare gli alberi per fare legna e cucinare, in cui se piove si creano delle pozzanghere e non si possono scalare le pareti rocciose perché scivolose, un gioco in cui il metallo attira i fulmini (e fa male!) e dove per fare una passeggiata tra le montagne bisogna coprirsi bene per non morire assiderati! Un capolavoro di minuzia.

Passeggiare per questo mondo è una sensazione fantastica, si respira la libertà di un mondo senza confini, come nessun gioco aveva fatto fino ad allora. E in questo universo pulsante l’esplorazione, l’interazione e la scoperta tornano a farla da padrone. Un successo.

Cosa aspettarsi dal futuro?

A trentacinque anni di distanza dal suo debutto la saga di Zelda ha ancora tanto da raccontare e non è un mistero che siano in tantissimi ad aspettare con ansia l’attesissimo seguito di Breath of the Wild. Noi, alla saga di The Legend of Zelda non possiamo che augurare altri 35, anzi 100 anni di successi. Perché alla fantasia, come alle passioni non ci sarà mai limite.

Vorremmo che per l’occasione fosse proprio Link a dire qualcosa, ma abbiamo il sospetto che anche questa volta ci farebbe solo un cenno con la testa, per voltarsi subito dopo e correre verso nuovi obiettivi.

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