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Snowpiercer: la recensione senza spoiler

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La nuova serie di Netflix Snowpiercer, che si colloca a pieno titolo nel genere post-apocalittico – prende ispirazione dalla graphic novel Le Transperceneige, ideata dai belgi Jacques Lob e Jean-Marc Rochette. Già nel 2013 il regista sudcoreano premio Oscar Bong Joon-ho vi si era ispirato per realizzare l’omonimo film del 2013 con protagonista Chris Evans.

Adesso la serie, dopo le iniziali battute d’arresto dovute a cambi di produzione, è stata presa in mano da Graeme Manson che ha realizzato la prima serie composta da 10 episodi (ne esce uno alla settimana, mancano gli ultimi 2) con protagonisti Jennifer Connelly che interpreta la responsabile dell’ospitalità Melanie Cavill e Daveed Diggs – che di recente abbiamo visto nel musical della Disney Hamilton – è il fondaio Layton Andre.



Trama

Nell’anno 2021 il mondo è divenuto un immenso deserto di ghiaccio, in seguito ad un tentativo fallito di porre rimedio al surriscaldamento globale. Gli unici sopravvissuti si trovano adesso a bordo dello Snowpiercer, un treno a moto perpetuo che continua a girare intorno al Pianeta. Ma questo treno diventa ben presto un’arca di disuguaglianze e mentre la vita scorre agiata e nel lusso nei vagoni di testa, in coda (nel “fondo”) malnutrizione e malattie la fanno da padrone, spingendo gli abitanti alla rivolta.

I ricchi, o fortunati, che erano riusciti a procurarsi un biglietto sono scampati alla morte e solo 3000 persone sono potute salire sullo Snowpiercer, tra questi tanti disperati che hanno assaltato la locomotiva per cercare di mettere in salvo almeno i propri figli. Ma il treno del signor Wilford non è un Eden e ben presto sopraffazione, paura e minacce diventano abitudine.

E mentre in prima classe si beve e mangia, perdendo tempo in superficiali facezie, i residenti della seconda e della terza classe, come quelli del fondo, sono obbligati a mandare avanti il treno, svolgendo tutti i lavori dall’agricoltura, all’allevamento, dall’istruzione dei più piccoli (sempre meno dato che la natalità è rigidamente controllata) alla manutenzione del mezzo alla pulizia dello Snowpiercer, fino ad intrattenere i più ricchi nel vagone notturno (una sorta di night club).



Un equilibrio instabile che più volte ha spinto “i fondai” (gli abitanti delle ultimissime carrozze) che sono ben 400, alla rivolta, finita sempre nel sangue. Qui in molti si sono dimenticati la loro vita precedente, il loro lavoro, la loro famiglia e in una penombra perpetua cercano solo di sopravvivere. Tra loro c’è Layton Andre, un ex detective, che per molti diventa un punto di riferimento.

L’uomo un giorno viene prelevato con la forza dal fondo e costretto a indagare su dei crimini violenti che hanno scosso la tranquillità dei vagoni in testa al treno. Andre all’inizio è restio e non vuole accettare di lavorare per i suoi carcerieri, ma poi decide di sfruttare l’occasione per studiare il treno e poter così ideare un piano per aiutare i suoi compagni rimasti nel fondo.

Questa indagine non solo permetterà al detective di scoprire come sia davvero Snowpiercer, ma gli darà modo di studiare le dinamiche interne che lo reggono, arrivando a scoprire forse troppi segreti che lo metteranno in grave pericolo.

Ad osservarlo ci sarà sempre l’occhio vigile di Melanie Cavill, la responsabile dell’ospitalità, che si occupa che tutto fili liscio sul treno e che le scorte siano gestite al meglio. La donna, astuta ed elusiva, si rivelerà un osso duro anche per Andre che è determinato a scoprire cosa nasconda quel treno. E chi è questo signor Wilford, che nominano con ammirazione i passeggeri? Perché dopo aver costruito il treno e salvato tante persone non si fa più vedere da nessuno, o quasi?



Un thriller post-apocalittico

La serie si colloca perfettamente all’interno del filone di fantascienza post-apocalittica, ma ha anche i tratti del thriller, in cui anche il dramma gioca un ruolo importante. Ovunque in questa serie si sente addosso una opprimente sensazione, si prova una certa claustrofobia, si vede pochissimo l’esterno, spesso solo per ricordare che è un mondo bianco, sempre uguale coperto da ghiaccio e neve.

E queste sensazioni sono le stesse che provano tutti gli abitanti di questo treno, costretti in uno spazio chiuso senza poter uscire o vedere il sole. Come topi in gabbia si ammassano in un angolo per cercare di sopravvivere, per farsi forza a vicenda, per superare un’altra Rivoluzione, un altro anno.

La storia è avvincente, piena di colpi di scena, a cui si avvicendano momenti più distesi in cui si analizzano i rapporti tra i vari personaggi che in questa situazione a-normale cercano di costruire una sorta di normalità.



Ma ovunque è una lotta per la sopravvivenza, per non perdere i propri privilegi da una parte e per conquistarli invece dall’altra. Ma lo spazio è limitato, come pure lo sono le risorse e l’amara consapevolezza è che forse per poter sopravvivere non c’è altro modo che stabilire delle regole e una gerarchia.

Il dramma di famiglie spezzate, la tristezza di essere rimasti soli al mondo, la noia delle giornate che passano sempre uguali e sullo sfondo l’estinzione, la paura che se il treno si fermasse tutto sarà finito per sempre: la loro prigione è anche la loro salvezza.

Quali oscuri segreti nasconderà questo treno e su quali basi si potrà costruire il futuro dell’umanità sopravvissuta?

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