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Recensione della stagione 6.1 di Vikings (con spoiler)

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Anche Vikings dopo 6 stagioni, dove non sono mancati combattimenti, colpi di scena, la morte di re, regine, guerrieri e farabutti, rancori, tradimenti e sì, anche amore, ecco arrivare a conclusione, ma non troppo presto, dato che la stagione è stata (come le due precedenti) divisa in due parti e quindi non è ancora il momento per gli addii.

Alla fine della quinta stagione, gli eventi ci avevano condotti ad un’epica battaglia sotto le porte di Kattegat che, solo dopo molto sangue, ha visto trionfare Bjorn “la corazza” che ha scacciato il fratello Ivar “senz’ossa”.

Adesso Bjorn, che abbiamo sempre visto nei panni di un guerriero e un leader, deve assumersi il ruolo di re e governare la città. Il suo sogno (che in questo proposito si intraveda il progetto del padre Ragnar è innegabile) è quello di far diventare la città il porto commerciale più importante della Scandinavia.

In questa stagione una delle cose più interessanti, e qui portata a compimento, è la rappresentazione dei vichinghi non solo come un popolo di guerrieri feroci, ma di navigatori, di gente di mare e di commercio.

Chi fa moltissimi chilometri in questa stagione è proprio Ivar che, costretto alla fuga, si mette in cammino sulla Via della Seta e dopo molto vagare giunge a Kiev, dove è “ospite” del principe Oleg, che si scopre essere capo dei Rus’, una popolazione discendente dai vichinghi.

Oleg è il nuovo personaggio principale introdotto (un nemico, se vediamo la storia dal punto di vista di Bjorn e compagnia) e nel complesso risulta ben riuscito. È uno stratega, un calcolatore e fa di tutto per tenere assoggettato a sé il giovane nipote che sarebbe il legittimo erede del regno.

Ivar stringe con Oleg un’alleanza con lo scopo di conquistare la Scandinavia, ma subito è chiaro che lo scopo del principe è sì rimettere il vichingo sul trono, ma come suo re fantoccio.

Oleg è una figura complessa, a prima vista sembra un pazzo, e forse lo è (avvelena un fratello, ne imprigiona un altro e uccide la moglie che lo ha tradito), ma è anche un uomo fiero, determinato e consapevole del modo in cui agisce.

I Rus’ sono inoltre cristiani e questa dicotomia con i vichinghi pagani, è un aspetto che torna, complice un mondo che sta cambiando e che sta abbandonando gli antichi dei.

Mentre Bjorn inizia ad occuparsi di Kattegat, sua madre Lagertha sceglie la strada dell’isolamento e si confina in una piccola fattoria non troppo distante dalla città. Decide di abbandonare le armi e così la Shieldmaiden più forte di sempre si appresta a vivere come una semplice contadina (un ritorno alle origini della serie quando coltivava la terra con Ragnar).

Ma purtroppo un gruppo di banditi – capeggiati da degli uomini che Bjorn aveva esiliato dalla città perché avevano servito Ivar – semina il panico in quella zona e ancora una volta Lagertha, anche se vecchia e stanca, è chiamata a prendere le armi per combattere la minaccia.

La battaglia è dura, soprattutto perché combattuta da vecchi e donne non abituati a farlo, ma la strategia di Lagertha sarà quella vincente, anche se nella lotta perderà la vita il figlio di Bjorn e Torvi.

La donna è distrutta da ciò e corre a Kattegat per avvisare Torvi dell’accaduto; è notte, piove e la guerriera senza forze cade da cavallo, quando viene raggiunta e colpita a morte da Hvitsärk, un altro dei figli di Ragnar, che ormai vittima della pazzia causata dalla droga e dall’alcol – che ha iniziato ad assumere per la paura di essere perseguitato da Ivar – non si era accorto di ciò che stava facendo.

Finisce così la storia di uno dei personaggi più longevi della serie: la Lagertha della bravissima Katheryn Winnick si è distinta per forza, coraggio, determinazione (un’ostinazione tutta femminile) e infine un misto di passione e dolcezza che l’hanno resa una dei personaggi più amati della serie.

La sua fine lascia un po’ l’amaro in bocca, perché doveva morire proprio così? Eppure è lei stessa che ci ricorda della profezia che aveva ricevuto dal Veggente che le aveva detto che sarebbe morta per mano di uno dei figli di Ragnar.

E in tutto questo Bjorn dov’era? Il nostro re era andato nelle terre di re Harald, per liberare l’uomo, adesso prigioniero di re Olaf che l’ha catturato dopo la battaglia di Kattegat.

Bjorn, fedele al patto che aveva stretto con Harald, si fa mediatore presso Olaf per liberarlo, ma a dispetto di tutto, il vecchio re ha ben altri piani. Propone infatti di appianare le divergenze, di smetterla con gli scontri e di creare un unico grande regno vichingo di cui Bjorn sarà il re.

Bjorn è colto di sorpresa e propone che siano tutti i notabili a votare il loro nuovo re. In quattro si candidano per il ruolo e tra loro c’è anche Harald, che da sempre covava il sogno di diventare re di tutti i Norreni.

Le votazioni (fatte su una scenica chiatta tonda sul porto) alla fine, contro ogni previsione, danno la meglio ad Harald, che si era comprato i favori di tutti con delle promesse (che non sembra intenzionato a mantenere).

Bjorn, che di fatto aveva permesso la liberazione di Harald, si sente tradito e se ne va senza giurare fedeltà al nuovo re e torna a Kattegat giusto in tempo per dare un ultimo saluto a sua madre, che diventa protagonista di uno dei funerali vichinghi più emozionanti di tutti i tempi (epica e toccante la scena con le valchirie e il suo ricongiungimento con Ragnar, che nonostante le mille vicissitudini non aveva smesso di amare).

Adesso Bjorn è furibondo, ha perso la sovranità sul regno e sua madre è morta e sfoga la sua frustrazione su Hvitsärk, che bandisce dalla città, ma che non scomparirà, perché si unirà presto ad Ivar (con cui ha un rapporto odi et amo), che programma ormai l’invasione della sua patria.

Intanto Ubbe e Torvi partono verso l’Islanda dove il figlio di Ragnar spera di trovare le informazioni che lo aiutino a giungere verso una nuova terra di cui solo pochi hanno sentito parlare (navigando verso Ovest quindi il Continente Americano).

Qui però dovrà risolvere il mistero della scomparsa di Floki – che non si vede per tutta la stagione – che teme sia stato ucciso, complice la reticenza di Ketil Flatnose.

Bjorn intanto mette in dubbio sé stesso e il suo modo di essere re – in questo momento di debolezza viene sedotto da Ingrid che, con il consenso della moglie Gunnhild, l’uomo sposa (avendo adesso di fatto due mogli) e dato la parabola amorosa complessa di Bjorn la cosa non ci stupisce poi nemmeno tanto.

Alexander Ludwig in questa serie ha dato vita e corpo ad un Bjorn forte, valoroso, compassionevole, irascibile, passionale e vendicativo, i mille volti che rendono vero un personaggio.

Ma non c’è tempo per le lacrime per la morte di Lagertha o per la gioia di un nuovo amore, perché i Rus’ sono ormai in mare con una temibile flotta. Harald, consapevole che se perderà la battaglia perderà il regno, si schiera a fianco di Bjorn che si prepara alla guerra della sua vita.

Lo scontro è duro, con perdite da ambo le parti, Harald è ferito gravemente, forse non ce la farà a continuare e Bjorn, in quella che potrebbe essere un’illusione, viene trafitto a morte da Ivar, sarà vero? Dovremo aspettare un po’ per scoprilo.

La stagione dimostra una coerenza interna non scontata e gli autori sono bravi come sempre a tenere uniti i fili delle trame di così tanti personaggi che si spostano e viaggiano per i più diversi motivi.

Il cast non delude anzi conferma alcuni personaggi, buoni e cattivi, come il doppiogiochista Harald e l’inquieto Hvitsärk, la cui discesa nella follia è ben costruita e interpretata. Anche il nuovo acquisto il principe Oleg, non ci fa rimpiangere i vecchi “cattivi” della serie e il suo personaggio ci dà modo di conoscere un Ivar diverso, più umano di quello che avevamo visto a Kattegat.

Non ci resta che aspettare la fine, dove tutto sarà rivelato. I vichinghi riusciranno a salvare Kattegat dalla conquista? Gli antichi dei resisteranno all’avanzata del cristianesimo e che ne sarà dei personaggi che abbiamo tanto amato?

State connessi per tutte le news sulla serie.

 

Lucrezia Melissari



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