

Anime e Manga
Anime: ecco le 100 scene che hanno segnato la storia dell’animazione
Da Mickey Mouse a Sailor Moon. Da Toy Story a Dragon Ball. C’è di tutto.
Published
6 mesi agoon
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RedazioneIl sito Vulture, rubrica culturale e di intrattenimento del New York Magazine, ha stilato la propria lista delle scene più iconiche e influenti della storia dell’animazione, un interessantissimo elenco, in ordine rigorosamente cronologico che vi invitiamo a guardare. Nella lista compaiono sia capolavori occidentali che anime giapponesi per tutti i gusti e tutte le età.
A scegliere queste 100 sequenze sono stati esperti e professionisti del settore: si parte dal lontano 1892, con il teatro ottico di Charles-Émile Reynaud ed il suo cortometraggio “Pauvre Pierrot”, fino ad arrivare ai giorni nostri con il cartoon statunitense “Steven Universe”.
Solo per citare alcuni dei capolavori nella lista ricordiamo: La sirenetta, Aladdin, The Nightmare Before Christmas, Toy Story, Shrek e Il Signore degli Anelli.
E in questo elenco non mancano certo gli anime. Le scene provenienti dal mondo dell’animazione orientale occupano ben 24 posti. Ci sono sequenze iconiche come la fermata del (gatto)bus de Il mio vicino Totoro, la trasformazione di Usagi (Bunny) in Sailor Moon e di Goku in super saiyan, o la sgommata in moto di Kaneda in Akira e tanti altri. C’è perfino la famosa scena dei Pokémon (1997) che mandò all’ospedale centinaia di telespettatori in un episodio censurato poi in tutto il mondo.
Tutti gli anime che compaiono in classifica
- Kujira (1952)
- La leggenda del serpente bianco, scena della trasformazione (1958)
- Astro Boy, l’incidente di Tobio (1963)
- Rocky Joe, cartoline ricordo (1970)
- Kanashimi no Belladonna, l’orgia dei dannati (1973)
- La corazzata spaziale Yamato, flashback dal 2°episodio (1974)
- Heidi, sigla d’apertura (1974)
- Space Runaway Ideon, Itano Circus (1980)
- Voltron/Galion, formazione di Voltron (1981)
- Fortezza super dimensionale Macross, l’esibizione canora di Lynn Minmay (1983)
- Il mio vicino Totoro, l’attesa alla fermata del bus (1988)
- La tomba delle lucciole, la morte di Setsuko (1988)
- Akira, l’inseguimento in moto (1988)
- Dragon Ball Z, Goku VS Freezer (1991)
- Sailor Moon, “Moon Prism Power, Make up!” (1992)
- Neon Genesis Evangelion, ha inizio il progetto di perfezionamento dell’uomo (1996)
- Perfect Blue, l’inseguimento (1997)
- Pokémon, il “Pokémon shock” (1997)
- Cowboy Bebop, sigla d’apertura (1998)
- Utena: apocalisse adolescenziale, Utena si trasforma in un’automobile (1999)
- Final Fantasy: The Spirits Within, il bacio (2001)
- La città incantata, il viaggio in treno (2001)
- Your Name.,Taki viaggia nel tempo (2016)
- Devilman Crybaby, scena nel nightclub (2018)
- Batman, sigla d’apertura (1992) [bonus]
E voi che ne pensate? Avete gusti molto particolari? Allora vi farà piacere sapere che abbiamo selezionato per voi i migliori anime a tema pirati, vichinghi e persino vampiri!
Daily Nerd è un Magazine di cultura Nerd e Geek. Non si tratta semplicemente di riportare notizie, ma di approfondire e riflettere sulla cultura che ci circonda.
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Anime e Manga
Dota Dragon’s Blood: la recensione dell’anime Netflix
Published
20 ore agoon
14/04/2021
Il matrimonio tra Netflix e le serie in stile anime – che siano queste effettive produzioni della terra del Sol Levante o soltanto ispirate ad esse – si è dimostrata, negli anni, un’unione piuttosto fruttuosa. Anche lasciando da parte le decine di serie i cui diritti sono stati acquistati “soltanto” per la capacità di mostrarle sul portale del titano dello streaming, la quantità e la qualità di serie originali prodotte da Netflix in questa nicchia (sempre che sia ancora definibile tale) si stanno rivelando sempre più sorprendenti.
Una nicchia nella nicchia nella quale il portale sembra decisamente credere sono gli anime tratti da (o ispirati a) importanti IP videoludiche. Dopo un fortunato e apprezzato adattamento di Castlevania e un decisamente meno apprezzato adattamento di Dragon’s Dogma, Netflix ha recentemente puntato su un altro gigante della scena videoludica – stavolta occidentale: DOTA 2 (Defense of the Ancients), celebre MOBA dell’altrettanto celebre Valve. Il risultato dell’unione dell’IP della casa di Gabe Newell e gli sforzi produttivi di Studio Mir (rinomato, tra le altre cose, per aver animato Avatar: The Legend of Korra) è una serie di otto episodi intotolata Dota: Dragon’s Blood. Una serie che, come si avrà modo di approfondire nel corso di questa recensione, rappresenta per Netflix qualcosa di decisamente più affine, in qualità, alla positiva esperienza di Castlevania.
Dota Dragon’s Blood: le premesse e l’ambientazione
Quando ci si confronta con la prospettiva di iniziare a guardare una serie ispirata a un universo narrativo già prestabilito il – legittimo – timore è sempre uno: sarà qualcosa di adatto soltanto ai fan sfegatati? O sarà accessibile e godibile anche per i totali neofiti?
Dal punto di vista di un totale neofita, possiamo confermarvi che Dota: Dragon’s Blood non è assolutamente un racconto indirizzato soltanto ai fan storici del videogioco. Per quanto non dubitiamo che Studio Mir abbia inserito qua e là citazioni e chicche apprezzabili da quel pubblico, ogni singolo pilastro della narrativa (dall’ambientazione, agli elementi fondanti della trama, ai personaggi e la loro storia) viene reso immediatamente e magistralmente accessibile fin dai primissimi episodi.
È certo complice il fatto che l’ambientazione sia, in generale, qualcosa di decisamente “familiare” a pressoché qualsiasi fan del genere fantasy. Lungi da noi, comunque, associare a questa familiarità una connotazione negativa: pur avvalendosi di capisaldi del genere (elfi, draghi, demoni e compagnia cantante), Dota: Dragon’s Blood non lo fa in maniera scontata o banale. Il mondo in cui si svolgono le vicende di questi otto episodi è ricco di personalità e di colore, dettagli interessanti che contribuiscono a distaccare il worlduilding quanto basta dallo stato di “generico mischiaticcio di Tolkien e World of Warcraft”.

Dota Dragon’s Blood: i personaggi e la trama
Per quanto importanti per comprendere ed apprezzare a fondo ciò che sta accadendo a schermo, il mondo e le sue regole passano in secondo piano se rapportati alle vicende e a come queste si intrecciano con i personaggi principali e le loro motivazioni.
Difficile identificare un vero protagonista in questo Dota: Dragon’s Blood. L’approccio scelto alla narrazione è uno piuttosto diversificato, e Davion, il cavaliere drago, per quanto spesso messo in copertina come apparente fulcro e centro degli eventi non è tanto più un protagonista di quanto lo fosse Eddard Stark nella prima stagione di Game of Thrones.
L’analogia con la popolare serie HBO non è così campata per aria: la trama segue i punti di vista di numerosi personaggi, con un ventaglio che si allarga mano a mano che gli episodi procedono. Diversamente da Game of Thrones, tuttavia, i vari punti di vista e le varie sotto-trame restano pressoché sempre “localizzate”, vicine e interconnesse tra loro, spesso l’una propedeutica alla risoluzione o alla migliore comprensione dell’altra.
Questa struttura fatta di continue interconnessioni, diversi punti di vista e occasionali salti nel tempo costituisce sia la forza, sia l’occasionale debolezza dell’opera nel suo complesso. Per quanto infatti le motivazioni dei personaggi e i loro rapporti vicendevoli siano entusiasmanti e spingano lo spettatore a voler sapere di più (Dragon’s Blood rientra tra le poche serie che abbiano “costretto” chi scrive di fronte allo schermo per finirla in un solo giorno), più ci si avvicina alla fine più ci si rende conto che la quantità di trame ancora aperte e relazioni non del tutto esplorate avrebbe richiesto molti più episodi per ricevere una completa giustizia; o, se non altro, episodi più lunghi. Il problema risulta particolarmente evidente soltanto nell’ultimo episodio, in cui le varie sotto-trame che compongono l’intrigo complessivo della prima stagione giungono a una conclusione forse troppo affrettata e, soprattutto, troppo concomitante.
Che la storia tenga incollati allo schermo, comunque, è indubbio: complici anche dei personaggi variegati e ben costruiti, il comparto narrativo complessivo di Dragon’s Blood si presenta solido, appassionante e ricco di una componente umana fatta di inaspettatamente sottili sfumature di grigio. Ben lungi dall’accontentarsi di una fiaba di luce contro oscurità e buoni contro cattivi, Dragon’s Blood orchestra una convincente storia di conflitti interni ed esterni, di personaggi fondamentalmente positivi, ma corrotti e spinti al limite della propria e altrui morale da un mondo e da vicende spietate.
Il comparto tecnico
Visivamente parlando, Dota: Dragon’s Blood sa essere un gioiello. A partire dai design dei personaggi, distinti e ben fatti, in grado di dare già un’ottima prima impressione di quelle che ci si possa aspettare dalle caratteristiche caratteriali più e meno evidenti, passando per l’animazione 2d, pulita nei momenti più tranquilli e dinamica e frenetica nelle frequenti, ben orchestrate scene d’azione. Suddetta azione è tuttavia spesso accompagnata anche da modelli 3d, che non si amalgamano sempre troppo bene con gli sfondi e al resto dei personaggi. Nulla di fastidioso o che distragga troppo, comunque – specie se lo si compare ad altre, già citate produzioni come Dragon’s Dogma.
Una particolare nota di plauso al casting dei doppiatori, farcito di nomi di tutto rispetto. Dalla tormentata, dolorosa e fatalista performance donata da Troy Baker alle labbra dell’Invocatore, a quella più leggera e scanzonata (ma puntellata di sprazzi d’ira e dolore) donata da Yuri Lowenthal a Davion, pressoché tutte le performance attoriali donano all’animazione ulteriore peso, ulteriore pathos e ulteriore credibilità.
Il resto del comparto tecnico, pur non distinguendosi in maniera plateale, tiene egregiamente in piedi il tutto, contribuendo a fornire un quadro visivo e uditivo d’insieme in grado di immergere lo spettatore nel fantastico, pericoloso e crudele mondo di Dragon’s Blood.
Tirando le somme
Dota: Dragon’s Blood è una serie coinvolgente, con un cast interessante e profondo e una trama che, anche se forse un filo troppo veloce e leggermente pasticciata a tratti, premette e promette grandi cose per il futuro. Nella speranza che l’apprezzamento del pubblico rifletta l’effettiva qualità del prodotto, possiamo affermare con una buona dose di certezza che, con Dragon’s Blood, Netflix potrebbe aver trovato un potenziale, promettente nuovo Castlevania.
Anime e Manga
Edens Zero: l’anime atteso in autunno su Netflix
Published
1 giorno agoon
14/04/2021By
Redazione
Il 10 aprile è andato in onda il primo episodio di Edens Zero, anime tratto dal manga di Hiro Mashima, l’autore di Fairy Tail. L’account ufficiale della serie, per l’occasione, ha inoltre annunciato ai fan che l’anime sarà distribuito fuori dal Giappone da Netflix questo autunno.
Overseas fans, "EDENS ZERO" will be coming out in Fall 2021 for ex-Japan territories on Netflix! Please wait a little longer! #EDENSZERO
— EDENS ZEROプロジェクト公式 (@EDENSZERO_PJ) April 10, 2021
Trama
Shiki vive sul pianeta Granbell insieme ai robot che animano un vastissimo parco a tema. Un giorno arrivano due visitatori, i primi a mettere piede su Granbell da circa un secolo: Rebecca, una giovane creatrice di contenuti digitali, e il suo gatto blu, Happy. I tre fanno subito amicizia, ma ancora non sanno che questo incontro cambierà i loro destini e li porterà a viaggiare per il cosmo!
L’anime
L’anime di Edens Zero sarà prodotto dallo Studio J.C. Staff (DanMachi, Food Wars! Shokugeki no Soma). La regia è stata affidata a Yuji Suzuki (Fairy Tail Stagione 3) mentre la sceneggiatura è di Mitsutaka Hirota (Phantasy Star Online 2 The Animation). Il character design invece è di Yurika Sato (già direttrice delle animazioni in Hangyakusei Million Arthur 2nd Season).
Il manga
Edens Zero è ad oggi in corso di pubblicazione in Giappone su Weekly Shonen Magazine di Kodansha dove ha esordito il 27 giugno 2018. All’attivo ci sono 14 volumi. Mentre in Italia Edizioni Star Comics ha recentemente pubblicato l’8° volume. Nelle intenzioni di Hiro Mashima la serie dovrebbe essere più lunga di Rave, che durò 35 volumi, ma più corta di Fairy Tail che invece arrivò a 63 volumi.
Anche voi siete curiosi di vedere cosa verrà fuori da questo adattamento di Edens Zero che tra non molto uscirà su Netflix?
Anime e Manga
Bleach: nuovo trailer italiano di Dynit per l’anime
Published
2 giorni agoon
13/04/2021
Bleach è un manga di Tite Kubo, poi diventato anime, che ha riscosso un enorme successo qualche anno fa, diventando un vero e proprio fenomeno globale. In Italia, tuttavia, la versione animata delle avventure di Kurosaki Ichigo e degli shinigami non è mai arrivata; il motivo non si spiega facilmente ma a porre rimedio alla mancanza ci ha pensato Dynit che porterà gli episodi qui da noi. Ed è proprio Dynit che ci mostra un nuovo trailer italiano dell’anime.
Ecco il video, caricato direttamente sul canale YouTube di Dynit:
DAL 26 APRILE DISPONIBILE IN STREAMING SOLO SU PRIME VIDEO
Ichigo Kurosaki ha 15 anni ed è uno studente delle superiori che possiede la straordinaria capacità di vedere i fantasmi. Quando incontra Rukia, una Shinigami che aiuta le anime perdute a trovare la pace, la sua vita non così normale diventa ancora più speciale…
L’anime di Bleach era iniziato nel 2005 ed è proseguito per svariati anni, fino al 2013, conquistando fama e amore del pubblico – nonostante alcune critiche. Ora anche chi non ha mai avuto l’occasione di vedere quest’opera animata potrà farlo, comodamente in italiano, su Prime Video dal prossimo 26 aprile.
La prima stagione sarà rilasciata tutta assieme a fine aprile, le altre quattro stagioni invece arriveranno una al mese. Vi lasciamo infine una lista dei doppiatori italiani che potremo sentire nella versione nostrana:
- Ichigo Kurosaki: Federico Viola
- Rukia Kuchiki: Martina Tamburello
- Uryu Ishida: Ruggero Andreozzi
- Isshin Kurosaki: Claudio Moneta
- Orihime Inoue: Giada Bonanomi
- Yasutora “Chad” Sado: Marcello Moronesi
- Don Kan’onji: Luca Ghignone
- Kon: Stefano Ferrari
Voi avete mai visto Bleach? Cosa ne pensate del suo arrivo in Italia, qualche tempo dopo rispetto al resto del mondo?
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