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Immagine poster della serie Arcane con i protagonisti della serie Vi, Viktor, Caitlyn, Jinx, Silco, Jayce, Mel Medarda della serie di Riot Games e Netflix tratta dal videogame League of Legends Immagine poster della serie Arcane con i protagonisti della serie Vi, Viktor, Caitlyn, Jinx, Silco, Jayce, Mel Medarda della serie di Riot Games e Netflix tratta dal videogame League of Legends

Film e Serie TV

Arcane: 5 ragioni per cui è una serie da dieci e lode

Arcane, serie d’animazione di Riot Games e Netflix, è diventata una delle più apprezzate della piattaforma di streaming, superando titoli già amati dal pubblico come Squid Game.

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Arcane, serie d’animazione di Riot Games e Netflix, è diventata uno dei titoli più apprezzati della piattaforma di streaming, superando titoli già amati dal pubblico come Squid Game.
La serie è basata sull’universo videoludico di League of Legends, ma Arcane è stata apprezzata anche da chi non era già fan del videogame che ha ispirato tutto. 

Arcane, una serie anche per chi non conosce il videogioco

League of Legends (LOL) è universalmente riconosciuto come uno dei videogame più famosi e apprezzati, con un pubblico di videogiocatori vastissimo, ma non solo: l’universo espanso di LOL negli anni ha approfondito la storia dei suoi campioni giocabili, attirando l’attenzione anche di chi non era interessato all’aspetto videoludico. 

Con Arcane, Riot Games è riuscita a superarsi e appassionare anche quella fetta di pubblico che non era a conoscenza della lore dell’universo di LOL. Una simile mossa era tutt’altro che scontata: con 157 campioni all’attivo e altrettante storie da raccontare, il pericolo di creare un prodotto confuso con rimandi poco chiari all’opera originale era dietro l’angolo.

Jinx, Silco e Vi nel poster di Arcane Netflix Riot Games

Eppure, anche se ogni personaggio ha una sua personale sotto-trama, Arcane riesce a sviluppare e collegare ogni storia in una rete di eventi che rimangono sempre ben chiari allo spettatore. Persone che non hanno mai giocato a LOL possono apprezzare lo show e comprendere le dinamiche tra i personaggi e anzi, vivendo appieno l’esperienza, senza conoscenze pregresse sulla lore che possono influenzare le loro aspettative sullo svolgimento della storia. 

Ovviamente, all’interno dello show non mancano richiami ed easter eggs che possono essere colti da chi già seguiva questo universo attraverso il videogame, riuscendo a strizzare l’occhio ai fan più affiatati. Ma lo show fa tutto questo senza “punire” lo spettatore che invece si approccia alla serie senza conoscere la lore da cui deriva e questo rende Arcane pienamente apprezzabile da tutti.

L’eterna lotta tra opposti

Arcane si sviluppa partendo da stereotipi e archetipi già visti e rivisti in show di ogni tipo, ma riesce comunque a far risultare il tutto originale. Questo è possibile grazie alla splendida cura nei dettagli che rende anche il più scontato dei cliché un risvolto di trama apprezzabile fino in fondo, con animazioni, colonna sonora e dialoghi che si incastrano perfettamente insieme.

Il filo rosso che collega personaggi e vicende è il concetto stesso di dicotomia, presente in ogni momento di Arcane. La dicotomia è il tema sottostante ogni interazione della serie, a partire dalla relazione tra le due città che fanno da sfondo alla vicenda, Piltover e Zaun. Piltover, ricca città di commercianti e innovatori, è infatti in perenne contrasto con Zaun, città dimenticata e sommersa da fumi tossici.

In contrasto è anche la scienza che si sviluppa di pari passo in entrambe le città, ma in due direzioni (apparentemente) opposte: mentre l’Hextech vuole permettere di imbrigliare la magia e portare innovazione e benessere, lo Shimmer di Singed, commercializzato dall’industriale Silco, porta invece con sé potere, ma anche dipendenza e oscurità. In entrambi i casi però, le due città si trovano nella situazione di dover sopravvivere alla corruzione di chi vorrebbe usare queste tecnologie per distruggere e non per elevare e salvare le persone che lì abitano.

Opposti che poi così opposti non sono: due facce della stessa medaglia, piuttosto, due città che puntano entrambe alla grandezza ma rischiano, in modi diversi ma non troppo, di cadere nell’oscurità e nella corruzione, abbandonandosi ad un progresso che porta vantaggio solo a pochi.

Piltover e Zaun con Vi e Powder

Persino lo stile di animazione, che ricorda la sperimentazione artistica avviata da Spiderman-Man Into the Spiderverse, accompagna perfettamente questa narrazione. Con giochi di luci e ombre, palette di colori che variano a seconda della situazione e fondali che si sposano perfettamente con la vicenda. Piltover viene dipinta come luogo degli intrighi e dei compromessi politici, in un ambiente steampunk pulito e luccicante, faro dell’innovazione dell’universo di Runeterra. Zaun, invece, è come immersa in una notte eterna, trasandata e cupa, così come i personaggi legati al villain principale. 

Questa dicotomia viene ripresa anche nello sviluppo delle relazioni tra i vari personaggi. Vi e Jinx, le due protagoniste di fatto della serie, ne sono un esempio, ma ogni personaggio in realtà è legato a filo doppio ad altri e ognuno rappresenta spesso un punto di vista differente della stessa storia. 

Un viaggio alla ricerca di sé stessi

Arcane inizia con quel vibe da avventura per ragazzi, con i ragazzi di Zaun che corrono sui tetti organizzando rapine nelle case dei benestanti di Piltover e affrontando gruppi rivali quando oltrepassano nel loro territorio. L’atmosfera quasi leggera dura però poco, perché ben presto la storia si rivela per ciò che è: un racconto duro e drammatico di una città spaccata in due. Quella che parte come la storia di un gruppo di ragazzini che cercano di sconfiggere un villain misterioso finisce in una spirale in cui, nel giro di pochi istanti sapientemente gestiti da una regia straordinaria, tutto va a rotoli e la situazione precipita, causando un taglio netto per i personaggi coinvolti. 

Da quel momento, niente è più lo stesso. Di nuovo, anche in questo caso Arcane si ricollega a trame già viste, ma riesce a farlo con una grande cura per i dettagli. Tutti sono alla ricerca di sé stessi, di un gruppo in cui possano ritrovare un senso di appartenenza famigliare e del potere per far svoltare le proprie vite in meglio. 

poster Arcane con Vi Powder Jinx Viktor Caitlyn Jayce Silco Ekko Mel serie Netflix di Riot Games tratta dal videogame League of Legends

Ma anche qui Arcane mostra come ciascuno dei campioni sia in realtà la rappresentazione di un punto di vista diverso delle stesse tematiche. Jayce e Viktor sono entrambi brillanti scienziati alla ricerca del progresso, ma mentre Viktor ricerca l’innovazione per rivoluzionare il mondo e aiutare gli abitanti dimenticati di Zaun e il suo stesso corpo, indebolito dai fumi tossici della sua città natale, Jayce si scontra con gli intrecci diplomatici e i fini giochi di potere che regolano la vita di Piltover, dominata da un consiglio di uomini e donne che cercano, prima che il benessere di tutti, quello per sé stessi.
Vander e Silco volevano entrambi il benessere di Zaun, ma dove Vander cerca di mantenere un equilibrio tra Zaun e Piltover con saggezza, Silco cerca il riconoscimento, l’onore e il potere, anche a costo di ricorrere alla forza o di rendere gli stessi abitanti di Zaun dipendenti dallo Shimmer.

E gli incontri e scontri tra i personaggi di Arcane non finiscono qui, sono diversi e multiformi e alcuni di questi vivono all’interno dello stesso personaggio, come nel caso di Powder/Jinx.

Il campione più folle con la backstory più tragica

La storia si concentra su Vi e Powder, due sorelle di Zaun rimaste orfane di genitori e cresciute da Vander, il leader saggio e giusto che guida la città dimenticata dai ricchi di Piltover. In particolare, la trama racconta il percorso che porterà Powder, ragazzina traumatizzata dal suo passato tragico, a diventare Jinx, conosciuta dai fan del videogame come pura manifestazione del chaos. 

Tuttavia, se nei videogiochi Jinx era considerata semplicemente una pazza, nella serie si affrontano le ragioni che portano questo personaggio a diventare tale e il percorso è coerente e si intreccia perfettamente con le vicende degli altri personaggi: la creazione dell’Hextech, gli esperimenti sullo Shimmer, il malato rapporto padre-figlia con Silco, l’arrivo di Vi che cerca sua sorella Powder, sepolta da qualche parte nella testa di Jinx.

Vi protegge Powder

Con il concludersi della stagione, vediamo anche la “fine” dello sviluppo di Powder/Jinx, personaggio spaccato sin dall’inizio che giunge a comprendere la sua identità e accettarla (pare) del tutto. Le altre storyline sono lasciate invece sospese in una sorta di limbo, non giungono ad una conclusione, ma solo a metà del loro sviluppo. Questo dà un senso di incompletezza fino ad un certo punto, perché nei fatti Powder/Jinx appare come quel collante che fa anche da motore per scatenare il chaos nelle storie di tutti gli altri personaggi, dando una brusca virata proprio sul finale. 

Le conseguenze della sua personale epifania sul finale di stagione impattano così sulle storyline di tutti i personaggi intorno a lei, aprendo le porte a quella che sarà la seconda stagione, già in produzione. 

In attesa della seconda stagione di Arcane

Arcane è un trionfo sia a livello visuale che di storytelling, una scommessa vincente che Netflix e Riot Games sono riuscite a portare a termine insieme. L’unica cosa che lascia quasi delusi è la durata della stagione, che fa venire voglia di avere già altri 9 episodi a portata di mano per approfondire ancora di più il viaggio dei personaggi che ti vengono presentati. 

Questo ovviamente non rende Arcane assolutamente perfetto: come in ogni cosa, quando si raccontano storie di questo genere in un tempo limitato inevitabilmente ci si trova a dover tagliare alcuni passaggi e lasciare che sia lo spettatore a riempire le connessioni che sembrano mancare, o quegli aspetti del passato dei personaggi che non sono state raccontate per forza di cose. 

Questo può essere un difetto, anche se non necessariamente fatale per la serie, che rimane comunque ben strutturata. In quei momenti lo spettatore ha comunque la possibilità di “riempire gli spazi” da solo perché la coerenza della narrazione glielo permette anche senza dargli già tutto pronto. Questo può anzi essere un punto di forza, perché lo spettatore ha uno spazio di manovra per comprendere e interpretare i personaggi e le vicende facendo le sue ipotesi ed elaborando le sue teorie, cercando di immedesimarsi nei personaggi per poterli leggere meglio là dove non viene reso palese ogni passo del loro percorso.

powder / jinx gioco di specchi doppia personalità Silco e Vi

Sicuramente le aspettative per la seconda stagione sono molto alte, dal momento che il risultato ottenuto con questa prima parte rende Arcane una delle serie d’animazione più curate mai giunte su una piattaforma streaming.

Ogni frame regala fondali e dettagli indimenticabili, la colonna sonora accompagna i personaggi nel loro viaggio in modo impeccabile risultando sempre adatta alla situazione e allo stato d’animo dei protagonisti e, da ultimo, la regia ha dei momenti in cui le parole risultano quasi superflue, perché il solo lavoro di animazione e l’espressività dei personaggi permette di comprendere appieno anche le sfumature che la serie vuole trasmettere a noi spettatori. 

Coloro che si sono già affezionati alla serie e ai suoi personaggi dovranno attendere la seconda stagione per scoprire dove il cliffhanger dell’ultimo episodio intende andare a parare. Riot Games ha già annunciato che Arcane s2 non uscirà nel 2022, perciò non rimane che fabbricare teorie nell’attesa.

 

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Ecco tutte le novità in arrivo su Lionsgate+ a febbraio

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lionsgate

Febbraio è un mese freddo che passiamo con piacere al caldo, in compagnia di grandi storie e personaggi intriganti. E perché non rivedere le serie di Lionsgate+ nominate agli Emmy e agli Oscar, vincitrici di Golden Globes, in costume, drammatiche o comiche, ce n’è per tutti i gusti!

SERIE in arrivo su Lionsgate+ a febbraio

NORMAL PEOPLE
Questa serie limitata segue Connell e Marianne dalla scuola al college mentre entrano ed escono dalle vite l’una dell’altra, esplorando quanto possa essere complicato un giovane amore. Paul Mescal è stato nominato per un Emmy (Miglior attore protagonista in una miniserie o in un film) per il ruolo di Connell ed ha appena ottenuto la sua prima nomination agli Oscar (migliore interpretazione di un attore protagonista) per il suo ruolo in Aftersun.
RAMY S1 e S2
Nella prima stagione, Ramy Hassan è un egiziano-americano di prima generazione che sta intraprendendo un viaggio spirituale nel suo quartiere politicamente diviso del New Jersey. Ramy porta sullo schermo una nuova prospettiva nell’esplorare come si vive intrappolati tra una comunità musulmana, che pensa che la vita sia una serie di prove morali, e la generazione dei millenials che pensa che la vita non abbia conseguenze.
Nella seconda stagione, Ramy parla della sua crisi di mezza età, delle relazioni passate e della dipendenza dalla pornografia.
Ramy Youssef ha vinto il Golden Globe 2020 (migliore interpretazione di un attore in una serie televisiva – musical o commedia) per la sua interpretazione del ruolo principale.
THE ACT
The Act segue Gypsy Blanchard (Joey King), una ragazza che cerca di sfuggire alla relazione tossica che ha con la madre iperprotettiva, Dee Dee (Patricia Arquette). La sua ricerca di indipendenza scoperchia un vaso di Pandora, che alla fine la porterà a commettere un omicidio. Patricia Arquette ha vinto un Golden Globe (migliore interpretazione di un’attrice non protagonista in una serie, miniserie o film per la televisione) e un Emmy (migliore attrice non protagonista in una miniserie o film) per il suo ruolo nella serie.
THE GREAT
The Great è un dramma satirico e comico – liberamente ispirato da fatti storici – sull’ascesa di Caterina la Grande, che da straniera diventa la governante femminile più longeva nella storia della Russia. La serie è stata nominata ai Golden Globe nella categoria “Miglior serie televisiva – Musical o Commedia” per entrambe le stagioni, e i due protagonisti Elle Fanning e Nicholas Hoult sono stati nominate per i Golden Globe e gli Emmy nelle rispettive categorie di recitazione.

FILM

DAL 1 FEBBRAIO La sceneggiatura del film, scritta da Chris Morgan e Hossein Amini, si basa sulla vera storia dei quarantasette ronin, un gruppo di samurai che nel XVIII secolo si opposero allo shōgun per vendicare l’uccisione del loro daimyō.

DAL 1 FEBBRAIO Un agente della polizia di Los Angeles scopre un segreto sepolto da tempo che potrebbe far precipitare nel caos quello che è rimasto della società. La sua scoperta lo spinge verso la ricerca di Rick Deckard, sparito nel nulla 30 anni prima.

DAL 1 FEBBRAIO Mark Renton ritorna a Edimburgo dopo 20 anni dalla fuga e rincontra i vecchi amici Sick Boy e Spud. Nel frattempo Franco è evaso di prigione e cerca vendetta contro l’amico che l’ha tradito.

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Su Apple TV+ arriva “Drops of God”, la dramedy ispirata al manga di Tadashi Agi e Shu Okimoto

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drops of god

Apple TV+ ha annunciato l’acquisizione di “Drops of God”, la nuova dramedy multilingue franco-giapponese di Legendary Entertainment, adattata dall’omonima serie manga bestseller del New York Times, creata e scritta dal pluripremiato Tadashi Agi, con artwork di Shu Okimoto e pubblicata da Kodansha.

Composta da otto episodi, “Drops of God” è interpretata da Fleur Geffrier (“Das Boot”, “Elle”) nei panni di Camille Léger e Tomohisa Yamashita (“The Head”, “Tokyo Vice”, “Alice in Borderland”) nei panni di Issei Tomine ed è prodotta da Les Productions Dynamic in associazione con 22H22 e Adline Entertainment. 

Trama

La serie si apre con il mondo della gastronomia e dei vini pregiati in lutto perché Alexandre Léger, creatore della famosa Léger Wine Guide e figura emblematica dell’enologia, è appena morto nella sua casa di Tokyo all’età di 60 anni.

Il compianto Alexandre lascia una figlia, Camille (Fleur Geffrier), che vive a Parigi e non vede il padre dalla separazione dei suoi genitori, avvenuta quando lei aveva nove anni. Camille vola a Tokyo per assistere alla lettura del testamento di Léger e scopre che suo padre le ha lasciato una straordinaria collezione di vini, la più grande al mondo secondo gli esperti. 

Ma, per rivendicare l’eredità, Camille deve competere con un giovane e brillante enologo, Issei Tomine (Tomohisa Yamashita), che suo padre ha preso sotto la sua ala protettrice e che nel testamento di Léger viene indicato come il suo “figlio spirituale”. Ma la sua connessione con Issei è realmente solo spirituale?

Produzione

Scritto e ideato da Quoc Dang Tran (“Marianne”, “Parallel”), prodotto da Klaus Zimmermann (“Borgia”, “Trapped”) e diretto da Oded Ruskin (“No Man’s Land”, “Absentia”), “Drops of God” uscirà nel 2023 su Apple TV+, Giappone escluso. La serie è presentata in collaborazione con France Télévisions e Hulu Japan.

Kodansha, una delle più grandi case editrici giapponesi, è stata fondata nel 1909 e a oggi vanta una vasta gamma di attività editoriali. Da sempre impegnata nella promozione della lettura, offre numerosi premi letterari, come il Premio Noma e il Premio Yoshikawa, che riconoscono agli autori di maggior talento i contributi per il miglioramento della cultura editoriale.

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Film e Serie TV

Alice in Borderland, ne vale la pena? Decisamente sì

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Alice in Borderland main cast

Alice in Borderland è serie originale Netflix giapponese basata sull’omonimo manga di Haru Aso. Dopo il successo della prima uscita, la seconda stagione è arrivata su Netflix nel dicembre 2022, per catapultare nuovamente gli spettatori tra i giochi mortali del Borderland, insieme ad Arisu e agli altri protagonisti della serie.

Tra nuovi game e momenti di introspezione

Per fare un veloce recap, Alice in Borderland segue la storia di un gruppo di ragazzi che si sono ritrovati catapultati in una versione distopica di Tokio, dove l’unico modo per sopravvivere è partecipare a giochi mortali la cui difficoltà è determinata da carte da gioco. Con la prima stagione i protagonisti erano riusciti a superare il gioco del 10 di cuori, che aveva creato qualche problema nell’oasi felice che i giocatori erano riusciti a ritagliarsi. È accaduto di tutto, c’erano katane, sparatorie, flashback, momenti di riflessione profondi, e Chishiya che si è improvvisato 5 minutes craft per dare fuoco a Niragi (Dori Sakurada). 

Un finale che sicuramente lasciava ben sperare per questa seconda stagione, dove i protagonisti Ryōhei Arisu (Kento Yamazaki), Yuzuha Usagi (Tao Tsuchiya), Hikari Kuina (Aya Asahina) e Shuntarō Chishiya (Nijirō Murakami, per cui tantissimi fan sono diventati accaniti simp) devono superare i game delle figure, rimasti fino a quel momento avvolti dal mistero. La ripartenza non dà tregua ai personaggi, che dopo un breve momento di sollievo si trovano all’improvviso nel game del Re di Picche, dove il Re armato fino ai denti gioca al tiro al bersaglio con loro.

Alice in Borderland main cast della serie originale Netflix 2020-2022

La seconda stagione punta, oltre che a esplorare nuovi game, ad approfondire ulteriormente i protagonisti, separandoli e dislocandoli in giro per Tokio, ognuno con uno scopo preciso in mente. Chi vuole trovare un senso, chi vuole scoprire cosa si cela dietro questi game, chi ancora piano piano sta cedendo e pensa che non sarebbe così male smettere di combattere e rimanere per sempre nel Borderland. Non c’è mai la reale preoccupazione che uno dei protagonisti venga trapassato da un laser, ma ugualmente lo spettatore può rimanere investito dalle situazioni in cui ognuno di loro si ritrova, domandandosi se sarebbe mai possibile sopravvivere a qualcosa di simile – la risposta è che forse noi saremmo morti nei primi minuti del game di Picche, perché non abbiamo la plot armor.

Modi diversi per arrivare alla stessa morale

All’interno della serie, Arisu, Usagi, Kuina e Chishiya sono sicuramente i personaggi più interessanti e quelli che vengono approfonditi di più. Arisu è il protagonista indiscusso dell’anime: partito come disoccupato senza prospettive, nel Borderland si ritrova spesso a essere il leader che trascina, motiva tutti a sopravvivere e trovare un senso nei giochi, dando speranza.

È lui Alice, deve trovare lui la soluzione finale per far uscire tutti dal Borderland e in questa seconda stagione diventa molto più consapevole del suo ruolo. Il suo legame con Usagi è la spinta definitiva che lo porta a perseguire questo obiettivo, anche se i dubbi sono dietro l’angolo. Dubbi che nutre anche Usagi stessa, che invece rappresenta il Coniglio Bianco, un po’ per il nome (Usagi significa letteralmente “coniglio”), ma soprattutto per il fatto che soprattutto in questa seconda stagione Arisu deve continuamente “inseguirla”, perdendola e ritrovandola nel Borderland, cercando di buttare giù il muro che Usagi si è costruita intorno.

Usagi durante il gioco della Regina di Picche

Ad accompagnarli ci sono altri personaggi più o meno ricorrenti, alcuni dei quali si pensava fossero morti ma che scoprono all’ultimo di essere anche loro nel cast principale e quindi devono finire i giochi. Tirando le somme comunque, ogni personaggio risulta funzionale a un aspetto diverso della trama e del percorso di Arisu. Alcuni ci riescono in modo più incisivo, altri meno, ma arriva il momento in cui ognuno riesce ad avere un momento di gloria.

La serie ci presenta personaggi che pur incarnando archetipi riescono a risultare complessi e umani, con motivazioni e desideri comprensibili, anche se talvolta discutibili. La seconda stagione ne esplora l’evoluzione psicologica, mostrando come la pressione del gioco possa cambiare una persona e come queste esperienze possano influire sulle loro relazioni con gli altri.

Ogni personaggio diventa portatore di un determinato modo di pensare e reagire alle difficoltà che incontra nel Borderland. Kuina ad esempio, che per l’estetica un po’ ricorda il Brucaliffo, dopo essere scesa a patti col suo passato nella prima stagione, ora riflette sulla necessità di avere con sé compagni di viaggio fidati piuttosto che continuare da sola. Come lei, anche Chishiya intraprende un percorso isolato dal resto del gruppo, sfruttando la sua intelligenza per sopravvivere a game di Cuori e Denari. Nonostante lo scarso minutaggio, il personaggio di Chishiya è tra quelli che per i fan “buca lo schermo“.

Sguardo enigmatico e un po’ strafottente, arrogante e calcolatore (seppur edulcorato rispetto al manga), Chishiya è anche tendenzialmente annoiato e privo di spinte per dare un senso alla propria vita. Mentre Arisu all’interno del Borderline trova una ragione per continuare, Chishiya va ancora con l’auto-pilota, affronta i game ma non riesce a trovare una motivazione profonda. Rispetto alla prima stagione, da Stregatto che osserva la situazione dall’alto, lontano da tutti, in attesa di godersi il chaos che scaturisce da ogni gioco, poco a poco anche Chishiya rimane sempre più investito da Arisu. E alla fine diventa lui stesso protagonista di uno dei momenti più interessanti della stagione, dove comprende finalmente quel senso che gli sfuggiva e intravede la speranza di cui Arisu aveva sempre parlato sin dall’inizio.

Alice in Borderland: i protagonisti Chishiya in primo piano, Arisu e Kuina sullo sfondo

Alice in Borderland: una sorta di Squid Game giapponese?

Qualcuno se l’è chiesto e la risposta a questa domanda molto probabilmente è: no. Per quanto entrambe le serie ruotino attorno a un gruppo di persone che, volenti o nolenti, si trovano costretti a partecipare a sfide mortali per sopravvivere, le due opere presentano importanti differenze che riflettono poi anche le culture da cui derivano. 

Squid Game ha un’estetica, personaggi e tematiche molto diverse da Alice in Borderland, riprende temi sociali legati all’economia coreana che sono molto cari alle serie tv di questa nazione, e l’approfondimento dei personaggi viene affrontato in maniera diversa. Alice in Borderland è giapponese dall’inizio alla fine: si respira proprio l’atmosfera da anime (solo, in live action), cosa che non rende la serie meno seria e attuale, dal momento che offre anche più momenti di riflessione e introspezione dei personaggi rispetto a Squid Game. 

Le due serie sono apprezzabili per ragioni diverse e sicuramente la popolarità di serie tv con tematiche distopiche e sociali ha aiutato entrambe a raggiungere la loro attuale popolarità nel pubblico di Netflix.

Alice in Borderland, Arisu e Usagi durante un game

Alice in Borderland, la pecca è il finale lento

Anche questa seconda stagione gli autori hanno esplorato ogni tipologia di game (cuori, fiori, picche e denari) e lo hanno fatto rendendo ogni sfida unica e creativa, senza dimenticare la morale di fondo. Insomma, Alice in Borderland non si è fatta mancare di nuovo nulla: giochi ingegnosi, personaggi con incredibili plot armor, momenti romantici, epifanie e un tizio nudo. Un insieme di elementi che in realtà permette alla serie di passare da momenti assurdi e divertenti (per lo spettatore, per i personaggi che stanno per morire meno) a situazioni in cui ognuno si ferma per riflettere a fondo su ciò che rende davvero una vita degna di essere vissuta. Il tutto senza che le scene vengano tagliate con l’accetta, rendendo la visione fluida e mantenendo lo spettatore immerso nel Borderland. 

Il difetto della seconda stagione non sono atmosfera o tematiche in sé, ma la velocità con cui viene affrontato il tutto. Se nella prima parte di Alice in Borderland tutto si sviluppa con un ritmo un po’ più incalzante, questa seconda stagione fa il contrario: parte con mitra spianato e tensione, per rallentare inesorabilmente sul finale. Il che può avere senso, dal momento che la storia volge poco a poco al suo termine, eppure non funziona del tutto. Negli ultimi episodi i momenti di introspezione e le scene di circostanza per dare una pausa tra i game vengono dilatati a volte in modo eccessivo. Arrivati sul finale sembra esserci un climax, ma viene tranciato da dialoghi che anziché mantenere il ritmo lo rallentano ulteriormente, facendo quasi arrancare uno dei game più importanti della serie. 

Alice in Borderland poster con Usagi e Arisu sopra la carta del 7 di cuori

Gli ultimi momenti nel Borderland non sono intrisi di adrenalina, ma di grandi riflessioni sull’amicizia e su ciò che davvero ci porta ad andare avanti ogni giorno. Pensieri e dialoghi che portano con sé una morale coerente con la storia e i suoi personaggi, ripercorrendo ciò che è accaduto dall’inizio e dando una chiusa alle sfide affrontate sino a quell’istante. Chi non è però amante delle lunghe conversazioni sul senso della vita, però, è avvisato, perché come detto il ritmo cala vertiginosamente e gli appassionati dell’azione pura potrebbero non esserne felici. Viene da chiedersi se c’era un modo per bilanciare meglio lo “spiegone” finale e la tensione che prima di allora era stata centrale per la serie. 

Tirando le somme comunque, Alice in Borderland rimane un’ottimo originale Netflix, che è riuscito a vedere la luce in fondo al tunnel delle serie cancellate senza ragione e ha trovato la sua conclusione, andando in pari con il manga. Consigliatissima è la visione in lingua originale con i sottotitoli (così potete simpare meglio per Chishiya) e Reddit aperto sul cellulare, perché tanti stanno ancora speculando su cosa dovrebbe rappresentare il Joker. Idee?

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