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Film e Serie TV

In che ordine (e dove) guardare Doctor Who?

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Doctor Who è la serie fantascientifica più longeva al mondo, dagli anni ’60 continua a rinnovarsi di stagione in stagione, con speciali, spin-off e film. Se poi si aggiunge che tratta di viaggi nel tempo diventa quasi impossibile mantenere un filo logico. Citando il Dottore “Le persone pensano che il tempo sia una rigida progressione di causa ed effetto, ma in realtà, da un punto di vista non lineare e non soggettivo, è più come una grossa palla un po’ vacillante che va e che viene… fluttuante!”

Quindi, in che ordine guardare la serie?

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La serie classica

Molti fan di recente data hanno saltato questa parte. Si parla della serie “storica”, iniziata nel 1963 e temporaneamente interrotta nel 1989 (più un film del 1996) fino al 2003, con l’inizio della nuova serie.

Se avete intenzione di recuperare i quasi settecento episodi vi consigliamo di seguire l’ordine cronologico e munirvi di pop-corn e tanta, tanta pazienza.

Il Primo Dottore

La prima incarnazione del dottore, che vediamo per tre stagioni, è interpretata da William Hartnell. Durante questa prima fase della serie le storie erano ambientate principalmente sulla terra o nel futuro, su pianeti alieni, oppure nel passato rivivendo avvenimenti storici. La BBC infatti non vedeva di buon occhio una serie puramente fantascientifica, e Doctor Who inizialmente aveva il compito di educare gli spettatori mostrando accadimenti storici, mascherandoli attraverso la serie tv. Sfortunatamente alcuni episodi sono andati persi, dato che dal 1967 al 1978 la BBC eliminava i programmi in archivio per motivi di organizzazione, per mancanza di spazio o di materiali. Questo ha causato la perdita di 97 episodi di Doctor who, principalmente dalla terza e dalla quinta stagione. Alcuni di questi episodi però sono stati recuperati dall’estero o da registrazioni private, fortunatamente.

Il Secondo Dottore

La rigenerazione del Dottore lasciò letteralmente di stucco gli spettatori dell’epoca, che tutto si aspettavano tranne che il vecchio William Hartner venisse sostituito da un altro attore: Patrick Troughton. La sua serie era molto più avventurosa della precedente e molto più fantascientifica: anche nei viaggi nel passato spesso spuntavano alieni, cosa che con Hartnell non succedeva.

Il Terzo Dottore

Il terzo Dottore vede come interprete Jon Pertwee, bloccato sulla terra in esilio lavora insieme a UNIT (United Nations Intelligence Taskforce), e quindi le sue avventure sono principalmente terrestri, almeno all’inizio.

Il Quarto Dottore

Tom Baker, il Quarto Dottore, detiene il record per aver interpretato il personaggio per il periodo di tempo più lungo, addirittura sette stagioni (quando di solito sono tre, al massimo quattro). Iconica la sua sciarpa lunga più di due metri, ancora oggi simbolo della serie.

Il Quinto Dottore

Per tre stagioni vediamo invece Peter Davison nei panni del Signore del Tempo.

Il Sesto Dottore

Nei panni del sesto dottore troviamo invece Colin Baker, che nonostante sia rimasto solo per due stagioni è riuscito a rimanere impresso nelle menti dei fan per i vestiti estremamente colorati ed eccentrici, molto più delle sue versioni precedenti (o future).

Il Settimo Dottore

Il Settimo Dottore è l’ultima incarnazione prima dell’interruzione della serie, avvenuta nel 1989. Lo vediamo qui nei panni di Sylvester McCoy.

Il film

Dopo l’interruzione del 1989, molti fan avevano perso la speranza, ma ecco che un film ha riportato un bagliore di luce. Parliamo di “Doctor Who” (un titolo con poca fantasia, ammettiamolo), in cui troviamo Paul MacGann nei panni del viaggiatore del tempo. È la sua unica apparizione nel ruolo (tranne un cameo nella serie nuova, in un mini episodio chiamato The Night of the Doctor).

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La serie Nuova

Molti fan hanno iniziato proprio da qui, dal revival del 2003 della serie. Una pausa di dieci anni che per molti significava la fine di una serie storica, ma si sbagliavano. La BBC ha ripreso il progetto e dalla sua rinnovata popolarità sono poi nate anche serie spin-off e speciali.

Non ci dilungheremo troppo sulle singole stagioni o Dottori, vi consigliamo di guardarle in ordine cronologico (che, con una serie come Doctor Who, è già un’impresa ardua). E mi raccomando, non saltate il nono Dottore!

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Gli Spin-off

Ma quando, e come, guardare Torchwood e The Sarah Jane Adventures? Gli spin-off della serie principale meritano comunque di essere visti. Vi consigliamo però di finire prima la serie principale, anche per capire meglio dinamiche interne e sottotrame.

Torchwood

La serie viene prodotta dal 2006 al 2011 grazie a un’idea di Russell T. Davies. Segue le attività dell’Istituto Torchwood e di uno dei personaggi più amati della serie: il Capitano Jack Harkness. Ci troviamo a Cardiff e gli episodi mantengono lo stesso focus extraterrestre di Doctor Who, con un approccio però un po’ più terreno.

Gli episodi narrati coprono un arco che va dallo speciale natalizio “The Christmas Invasion” fino alla sesta stagione di Doctor Who.

The Sarah Jane Adventures

Le avventure di Sarah Jane vedono come protagonista una delle “companionsstoriche del Dottore, e una delle più amate dai fan della serie classica. Il target è molto più giovane rispetto a quello della serie principale e si concentra sulle avventure di Sarah Jane Smith che, dopo numerose avventure spaziali con il Dottore, è diventata una giornalista investigativa.

La serie copre il periodo di tempo dallo speciale “The Runaway Bride” fino alla settima stagione.

Time Lord Victorious

A tutto questo si deve poi aggiungere l’annuncio di una nuova avventura “Time Lord Victorious“. Non si tratta di un episodio speciale, di un film, un libro o un videogioco, ma di tutte queste cose insieme. Sarà una storia multi-piattaforma raccontata attraverso audio, libri, fumetti, teatro ed escape room, che esplorerà le possibilità sia del digitale che dell’analogico.

Libri, fumetti, audio e tanto altro

Oltre alla serie tv, su cui ci siamo soffermati, esistono anche centinaia (no, non stiamo scherzando) di libri, fumetti, concerti e podcast che parlano delle avventure del Dottore, dei suoi companion, o che ne sono semplicemente ispirati. Basti pensare che esiste anche un graphic novel in cui l’undicesimo Dottore incontra Jean Luc Picard, il capitano di Star Trek: The Next Generation. Il nostro consiglio, in questo caso, è di approcciarsi ai singoli prodotti, dato che il materiale a disposizione è davvero tanto, e spesso contraddittorio o non canon.

Un film “extra” che vi consigliamo caldamente di recuperare, però, è An Adventure in Space and Time, che racconta la storia dietro le quinte delle prime stagioni di Doctor Who, e soprattutto quella del primo iconico Dottore: William Hartnell.

Dove guardare Doctor Who?

Sfortunatamente al momento in Italia non è possibile vedere la serie classica, quindi i primi otto Dottori, se non acquistando dei cofanetti. La situazione cambia per le stagioni più recenti: sono tutte disponibili sia su Amazon Prime Video che su Tim Vision.

Vi avevamo avvertito che non sarebbe stato facile, dopotutto se il tempo e lo spazio non sono lineari, perché dovrebbe esserlo Doctor Who?

Giornalista pubblicista e Laureata in Lingue e Culture per l’Editoria. Procrastinatrice seriale, vado avanti a forza di caffeina e ansia e in qualche modo sta funzionando. Mi piacciono la lettura, i Beatles, lo Spritz Campari e le maratone (Netflix). Non mi piacciono il caffè annacquato, scrivere biografie e fare liste.

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Film e Serie TV

Ecco tutte le novità in arrivo su Lionsgate+ a febbraio

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Febbraio è un mese freddo che passiamo con piacere al caldo, in compagnia di grandi storie e personaggi intriganti. E perché non rivedere le serie di Lionsgate+ nominate agli Emmy e agli Oscar, vincitrici di Golden Globes, in costume, drammatiche o comiche, ce n’è per tutti i gusti!

SERIE in arrivo su Lionsgate+ a febbraio

NORMAL PEOPLE
Questa serie limitata segue Connell e Marianne dalla scuola al college mentre entrano ed escono dalle vite l’una dell’altra, esplorando quanto possa essere complicato un giovane amore. Paul Mescal è stato nominato per un Emmy (Miglior attore protagonista in una miniserie o in un film) per il ruolo di Connell ed ha appena ottenuto la sua prima nomination agli Oscar (migliore interpretazione di un attore protagonista) per il suo ruolo in Aftersun.
RAMY S1 e S2
Nella prima stagione, Ramy Hassan è un egiziano-americano di prima generazione che sta intraprendendo un viaggio spirituale nel suo quartiere politicamente diviso del New Jersey. Ramy porta sullo schermo una nuova prospettiva nell’esplorare come si vive intrappolati tra una comunità musulmana, che pensa che la vita sia una serie di prove morali, e la generazione dei millenials che pensa che la vita non abbia conseguenze.
Nella seconda stagione, Ramy parla della sua crisi di mezza età, delle relazioni passate e della dipendenza dalla pornografia.
Ramy Youssef ha vinto il Golden Globe 2020 (migliore interpretazione di un attore in una serie televisiva – musical o commedia) per la sua interpretazione del ruolo principale.
THE ACT
The Act segue Gypsy Blanchard (Joey King), una ragazza che cerca di sfuggire alla relazione tossica che ha con la madre iperprotettiva, Dee Dee (Patricia Arquette). La sua ricerca di indipendenza scoperchia un vaso di Pandora, che alla fine la porterà a commettere un omicidio. Patricia Arquette ha vinto un Golden Globe (migliore interpretazione di un’attrice non protagonista in una serie, miniserie o film per la televisione) e un Emmy (migliore attrice non protagonista in una miniserie o film) per il suo ruolo nella serie.
THE GREAT
The Great è un dramma satirico e comico – liberamente ispirato da fatti storici – sull’ascesa di Caterina la Grande, che da straniera diventa la governante femminile più longeva nella storia della Russia. La serie è stata nominata ai Golden Globe nella categoria “Miglior serie televisiva – Musical o Commedia” per entrambe le stagioni, e i due protagonisti Elle Fanning e Nicholas Hoult sono stati nominate per i Golden Globe e gli Emmy nelle rispettive categorie di recitazione.

FILM

DAL 1 FEBBRAIO La sceneggiatura del film, scritta da Chris Morgan e Hossein Amini, si basa sulla vera storia dei quarantasette ronin, un gruppo di samurai che nel XVIII secolo si opposero allo shōgun per vendicare l’uccisione del loro daimyō.

DAL 1 FEBBRAIO Un agente della polizia di Los Angeles scopre un segreto sepolto da tempo che potrebbe far precipitare nel caos quello che è rimasto della società. La sua scoperta lo spinge verso la ricerca di Rick Deckard, sparito nel nulla 30 anni prima.

DAL 1 FEBBRAIO Mark Renton ritorna a Edimburgo dopo 20 anni dalla fuga e rincontra i vecchi amici Sick Boy e Spud. Nel frattempo Franco è evaso di prigione e cerca vendetta contro l’amico che l’ha tradito.

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Su Apple TV+ arriva “Drops of God”, la dramedy ispirata al manga di Tadashi Agi e Shu Okimoto

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Apple TV+ ha annunciato l’acquisizione di “Drops of God”, la nuova dramedy multilingue franco-giapponese di Legendary Entertainment, adattata dall’omonima serie manga bestseller del New York Times, creata e scritta dal pluripremiato Tadashi Agi, con artwork di Shu Okimoto e pubblicata da Kodansha.

Composta da otto episodi, “Drops of God” è interpretata da Fleur Geffrier (“Das Boot”, “Elle”) nei panni di Camille Léger e Tomohisa Yamashita (“The Head”, “Tokyo Vice”, “Alice in Borderland”) nei panni di Issei Tomine ed è prodotta da Les Productions Dynamic in associazione con 22H22 e Adline Entertainment. 

Trama

La serie si apre con il mondo della gastronomia e dei vini pregiati in lutto perché Alexandre Léger, creatore della famosa Léger Wine Guide e figura emblematica dell’enologia, è appena morto nella sua casa di Tokyo all’età di 60 anni.

Il compianto Alexandre lascia una figlia, Camille (Fleur Geffrier), che vive a Parigi e non vede il padre dalla separazione dei suoi genitori, avvenuta quando lei aveva nove anni. Camille vola a Tokyo per assistere alla lettura del testamento di Léger e scopre che suo padre le ha lasciato una straordinaria collezione di vini, la più grande al mondo secondo gli esperti. 

Ma, per rivendicare l’eredità, Camille deve competere con un giovane e brillante enologo, Issei Tomine (Tomohisa Yamashita), che suo padre ha preso sotto la sua ala protettrice e che nel testamento di Léger viene indicato come il suo “figlio spirituale”. Ma la sua connessione con Issei è realmente solo spirituale?

Produzione

Scritto e ideato da Quoc Dang Tran (“Marianne”, “Parallel”), prodotto da Klaus Zimmermann (“Borgia”, “Trapped”) e diretto da Oded Ruskin (“No Man’s Land”, “Absentia”), “Drops of God” uscirà nel 2023 su Apple TV+, Giappone escluso. La serie è presentata in collaborazione con France Télévisions e Hulu Japan.

Kodansha, una delle più grandi case editrici giapponesi, è stata fondata nel 1909 e a oggi vanta una vasta gamma di attività editoriali. Da sempre impegnata nella promozione della lettura, offre numerosi premi letterari, come il Premio Noma e il Premio Yoshikawa, che riconoscono agli autori di maggior talento i contributi per il miglioramento della cultura editoriale.

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Alice in Borderland, ne vale la pena? Decisamente sì

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Alice in Borderland main cast

Alice in Borderland è serie originale Netflix giapponese basata sull’omonimo manga di Haru Aso. Dopo il successo della prima uscita, la seconda stagione è arrivata su Netflix nel dicembre 2022, per catapultare nuovamente gli spettatori tra i giochi mortali del Borderland, insieme ad Arisu e agli altri protagonisti della serie.

Tra nuovi game e momenti di introspezione

Per fare un veloce recap, Alice in Borderland segue la storia di un gruppo di ragazzi che si sono ritrovati catapultati in una versione distopica di Tokio, dove l’unico modo per sopravvivere è partecipare a giochi mortali la cui difficoltà è determinata da carte da gioco. Con la prima stagione i protagonisti erano riusciti a superare il gioco del 10 di cuori, che aveva creato qualche problema nell’oasi felice che i giocatori erano riusciti a ritagliarsi. È accaduto di tutto, c’erano katane, sparatorie, flashback, momenti di riflessione profondi, e Chishiya che si è improvvisato 5 minutes craft per dare fuoco a Niragi (Dori Sakurada). 

Un finale che sicuramente lasciava ben sperare per questa seconda stagione, dove i protagonisti Ryōhei Arisu (Kento Yamazaki), Yuzuha Usagi (Tao Tsuchiya), Hikari Kuina (Aya Asahina) e Shuntarō Chishiya (Nijirō Murakami, per cui tantissimi fan sono diventati accaniti simp) devono superare i game delle figure, rimasti fino a quel momento avvolti dal mistero. La ripartenza non dà tregua ai personaggi, che dopo un breve momento di sollievo si trovano all’improvviso nel game del Re di Picche, dove il Re armato fino ai denti gioca al tiro al bersaglio con loro.

Alice in Borderland main cast della serie originale Netflix 2020-2022

La seconda stagione punta, oltre che a esplorare nuovi game, ad approfondire ulteriormente i protagonisti, separandoli e dislocandoli in giro per Tokio, ognuno con uno scopo preciso in mente. Chi vuole trovare un senso, chi vuole scoprire cosa si cela dietro questi game, chi ancora piano piano sta cedendo e pensa che non sarebbe così male smettere di combattere e rimanere per sempre nel Borderland. Non c’è mai la reale preoccupazione che uno dei protagonisti venga trapassato da un laser, ma ugualmente lo spettatore può rimanere investito dalle situazioni in cui ognuno di loro si ritrova, domandandosi se sarebbe mai possibile sopravvivere a qualcosa di simile – la risposta è che forse noi saremmo morti nei primi minuti del game di Picche, perché non abbiamo la plot armor.

Modi diversi per arrivare alla stessa morale

All’interno della serie, Arisu, Usagi, Kuina e Chishiya sono sicuramente i personaggi più interessanti e quelli che vengono approfonditi di più. Arisu è il protagonista indiscusso dell’anime: partito come disoccupato senza prospettive, nel Borderland si ritrova spesso a essere il leader che trascina, motiva tutti a sopravvivere e trovare un senso nei giochi, dando speranza.

È lui Alice, deve trovare lui la soluzione finale per far uscire tutti dal Borderland e in questa seconda stagione diventa molto più consapevole del suo ruolo. Il suo legame con Usagi è la spinta definitiva che lo porta a perseguire questo obiettivo, anche se i dubbi sono dietro l’angolo. Dubbi che nutre anche Usagi stessa, che invece rappresenta il Coniglio Bianco, un po’ per il nome (Usagi significa letteralmente “coniglio”), ma soprattutto per il fatto che soprattutto in questa seconda stagione Arisu deve continuamente “inseguirla”, perdendola e ritrovandola nel Borderland, cercando di buttare giù il muro che Usagi si è costruita intorno.

Usagi durante il gioco della Regina di Picche

Ad accompagnarli ci sono altri personaggi più o meno ricorrenti, alcuni dei quali si pensava fossero morti ma che scoprono all’ultimo di essere anche loro nel cast principale e quindi devono finire i giochi. Tirando le somme comunque, ogni personaggio risulta funzionale a un aspetto diverso della trama e del percorso di Arisu. Alcuni ci riescono in modo più incisivo, altri meno, ma arriva il momento in cui ognuno riesce ad avere un momento di gloria.

La serie ci presenta personaggi che pur incarnando archetipi riescono a risultare complessi e umani, con motivazioni e desideri comprensibili, anche se talvolta discutibili. La seconda stagione ne esplora l’evoluzione psicologica, mostrando come la pressione del gioco possa cambiare una persona e come queste esperienze possano influire sulle loro relazioni con gli altri.

Ogni personaggio diventa portatore di un determinato modo di pensare e reagire alle difficoltà che incontra nel Borderland. Kuina ad esempio, che per l’estetica un po’ ricorda il Brucaliffo, dopo essere scesa a patti col suo passato nella prima stagione, ora riflette sulla necessità di avere con sé compagni di viaggio fidati piuttosto che continuare da sola. Come lei, anche Chishiya intraprende un percorso isolato dal resto del gruppo, sfruttando la sua intelligenza per sopravvivere a game di Cuori e Denari. Nonostante lo scarso minutaggio, il personaggio di Chishiya è tra quelli che per i fan “buca lo schermo“.

Sguardo enigmatico e un po’ strafottente, arrogante e calcolatore (seppur edulcorato rispetto al manga), Chishiya è anche tendenzialmente annoiato e privo di spinte per dare un senso alla propria vita. Mentre Arisu all’interno del Borderline trova una ragione per continuare, Chishiya va ancora con l’auto-pilota, affronta i game ma non riesce a trovare una motivazione profonda. Rispetto alla prima stagione, da Stregatto che osserva la situazione dall’alto, lontano da tutti, in attesa di godersi il chaos che scaturisce da ogni gioco, poco a poco anche Chishiya rimane sempre più investito da Arisu. E alla fine diventa lui stesso protagonista di uno dei momenti più interessanti della stagione, dove comprende finalmente quel senso che gli sfuggiva e intravede la speranza di cui Arisu aveva sempre parlato sin dall’inizio.

Alice in Borderland: i protagonisti Chishiya in primo piano, Arisu e Kuina sullo sfondo

Alice in Borderland: una sorta di Squid Game giapponese?

Qualcuno se l’è chiesto e la risposta a questa domanda molto probabilmente è: no. Per quanto entrambe le serie ruotino attorno a un gruppo di persone che, volenti o nolenti, si trovano costretti a partecipare a sfide mortali per sopravvivere, le due opere presentano importanti differenze che riflettono poi anche le culture da cui derivano. 

Squid Game ha un’estetica, personaggi e tematiche molto diverse da Alice in Borderland, riprende temi sociali legati all’economia coreana che sono molto cari alle serie tv di questa nazione, e l’approfondimento dei personaggi viene affrontato in maniera diversa. Alice in Borderland è giapponese dall’inizio alla fine: si respira proprio l’atmosfera da anime (solo, in live action), cosa che non rende la serie meno seria e attuale, dal momento che offre anche più momenti di riflessione e introspezione dei personaggi rispetto a Squid Game. 

Le due serie sono apprezzabili per ragioni diverse e sicuramente la popolarità di serie tv con tematiche distopiche e sociali ha aiutato entrambe a raggiungere la loro attuale popolarità nel pubblico di Netflix.

Alice in Borderland, Arisu e Usagi durante un game

Alice in Borderland, la pecca è il finale lento

Anche questa seconda stagione gli autori hanno esplorato ogni tipologia di game (cuori, fiori, picche e denari) e lo hanno fatto rendendo ogni sfida unica e creativa, senza dimenticare la morale di fondo. Insomma, Alice in Borderland non si è fatta mancare di nuovo nulla: giochi ingegnosi, personaggi con incredibili plot armor, momenti romantici, epifanie e un tizio nudo. Un insieme di elementi che in realtà permette alla serie di passare da momenti assurdi e divertenti (per lo spettatore, per i personaggi che stanno per morire meno) a situazioni in cui ognuno si ferma per riflettere a fondo su ciò che rende davvero una vita degna di essere vissuta. Il tutto senza che le scene vengano tagliate con l’accetta, rendendo la visione fluida e mantenendo lo spettatore immerso nel Borderland. 

Il difetto della seconda stagione non sono atmosfera o tematiche in sé, ma la velocità con cui viene affrontato il tutto. Se nella prima parte di Alice in Borderland tutto si sviluppa con un ritmo un po’ più incalzante, questa seconda stagione fa il contrario: parte con mitra spianato e tensione, per rallentare inesorabilmente sul finale. Il che può avere senso, dal momento che la storia volge poco a poco al suo termine, eppure non funziona del tutto. Negli ultimi episodi i momenti di introspezione e le scene di circostanza per dare una pausa tra i game vengono dilatati a volte in modo eccessivo. Arrivati sul finale sembra esserci un climax, ma viene tranciato da dialoghi che anziché mantenere il ritmo lo rallentano ulteriormente, facendo quasi arrancare uno dei game più importanti della serie. 

Alice in Borderland poster con Usagi e Arisu sopra la carta del 7 di cuori

Gli ultimi momenti nel Borderland non sono intrisi di adrenalina, ma di grandi riflessioni sull’amicizia e su ciò che davvero ci porta ad andare avanti ogni giorno. Pensieri e dialoghi che portano con sé una morale coerente con la storia e i suoi personaggi, ripercorrendo ciò che è accaduto dall’inizio e dando una chiusa alle sfide affrontate sino a quell’istante. Chi non è amante delle lunghe conversazioni sul senso della vita, però, è avvisato, perché come detto il ritmo cala vertiginosamente e gli appassionati dell’azione pura potrebbero non esserne felici. Viene da chiedersi se c’era un modo per bilanciare meglio lo “spiegone” finale e la tensione che prima di allora era stata centrale per la serie. 

Tirando le somme comunque, Alice in Borderland rimane un’ottimo originale Netflix, che è riuscito a vedere la luce in fondo al tunnel delle serie cancellate senza ragione e ha trovato la sua conclusione, andando in pari con il manga. Consigliatissima è la visione in lingua originale con i sottotitoli (così potete simpare meglio per Chishiya) e Reddit aperto sul cellulare, perché tanti stanno ancora speculando su cosa dovrebbe rappresentare il Joker. Idee?

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