Il mercato dei videogiochi non è certo un settore in sofferenza, ogni anno sempre più persone di tutte le età si appassionano a questo tipo di intrattenimento e cercano di ritagliarsi un momento nella loro giornata da dedicare al divertimento interattivo. Per fare un esempio il sito Newzoo – che si occupa di fornire dati in generale per quanto riguarda il mercato dei videogames – aveva previsto entrate annue totali, nel periodo 2019, per questo settore quantificate in circa 152 miliardi di dollari, poi ridotte a 148. Il punto però è che questo mercato molto redditizio (che supera ampiamente quello del cinema e della musica) negli ultimi anni sta vedendo una crescita verticale della percentuale di introiti prodotti solo dalla parte mobile game.
E qui iniziano i problemi per GameStop.
Utilizziamo due dati molto significativi – riportati sempre da Newzoo – per comprendere il problema: 45 miliardi di dollari è l’introito che il sito prevedeva avrebbe generato il segmento dei giochi da console (nel 2019), 68 miliardi quello generato dai mobile games (nello stesso periodo); non è solo l’evidente differenza di numeri – ben 23 miliardi, ossia più della metà del fatturato dei giochi da console – che deve far pensare ma è anche la differenza nei costi di produzione. Pur supponendo che produrre un videogioco per console e uno per mobile abbia un costo simile, bisogna considerare anche e soprattutto le spese dei supporti fisici (CD e DVD) e di distribuzione che pesano sul mercato delle console e non su quello dei giochi per smartphone. Bisogna dire però che negli anni l’accesso ai videogiochi da console tramite gli store online è divenuto sempre più semplice, e questa è un’altra brutta notizia per GameStop perché sempre meno persone vanno in negozio a comprare la copia fisica del loro videogioco preferito.
Volendo limitare i problemi economici di GameStop ai soli “ragazzi che non vanno più fisicamente a comprare il gioco”, senza considerare quindi il momento di difficoltà in generale, è facile intuire come sia d’obbligo cercare di limitare i costi per mantenere in piedi la società; a questo punto entrano in gioco i tagli.
Vari siti hanno riportato delle dichiarazioni, effettuate qualche giorno fa dal vice-presidente esecutivo di GameStop Jim Bell, le quali confermano le future chiusure di circa 300 negozi nell’arco dell’anno fiscale 2020 – più o meno lo stesso numero di chiusure già avvenuto nel corso del 2019 –, di seguito le dichiarazioni:
Continuiamo a porre la nostra attenzione sull’ottimizzazione della presenza dei nostri negozi a livello globale, nell’anno fiscale 2019 abbiamo chiuso un totale di 321 esercizi e ne abbiamo aperti 12. Nell’anno fiscale 2020 continueremo nel nostro impegno di disperdere i nostri negozi, ci focalizzeremo invece sulla produttività del nostro parco negozi
e ancora
Prevediamo delle chiusure di negozi uguali o maggiori alle 320 avvenute l’anno scorso su base globale. Vogliamo però sottolineare come queste chiusure siano molto specifiche e siano una parte del nostro piano di de-densificazione, non sono in alcun modo legate alle ultime tendenze di mercato
(traduzione nostra)
Queste sono state le dichiarazioni di Jim Bell in merito alle prossime chiusure che avverranno all’interno di GameStop; nonostante le sue puntualizzazioni si fatica davvero a pensare che la riduzione del parco negozi, da un lato, e l’evidente calo delle vendite dei videogiochi con supporto fisico, dall’altro, siano due elementi non correlati.
Speriamo che i piani dei capi della GameStop siano davvero indirizzati a migliorare il servizio e i rapporti con la clientela.
Alessandro Rigoni